
(Il Castello di Cisterna)
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Da
San Damiano, passando per la frazione Vascagliana, si sale a Cisterna d�Asti,
un paese strategicamente posto sull�alta collina tra San Damiano e
Canale, allungato sulla strada di cresta e affacciato sui boschi del
versante nord. La storia di Cisterna e del suo castello si lega a quella
dei Signori di Gorzano che, nella seconda met� del XIII secolo,
abbandonarono l�alleanza con Asti per schierarsi con Carlo d�Angi�.
La vendetta della repubblica astigiana non tard� a calare su Gorzano,
il cui forte venne raso al suolo ed i cui abitanti, come abbiamo visto
in precedenza, furono obbligati a confluire nella erigenda villanova di
San Damiano.
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I Signori di Gorzano persero tutti i loro possedimenti,
tranne Cisterna ed il suo Castello. Esso sorge sul culmine del colle
pi� alto di tutto il circondario, a 350 metri di altezza, e dalla sua
posizione domina la piana di Canale, i vasti boschi a nord, San Damiano
e gli ultimi castelli roerini con, sullo sfondo, le pi� svettanti
colline dell�Alto Monferrato, oltre la valle del Tanaro. L�impianto
ha origini molto antiche ma sulla originaria struttura medioevale sono
stati apportati nel corso del Seicento numerosi rifacimenti e
ristrutturazioni, allorch� i signori Dal Pozzo vollero adattare il
castello da fortezza a residenza. Ci possiamo rendere conto ancora oggi
della grande valenza strategica della sua posizione salendo nel ripido
concentrico di case ai piedi del castello: sulla destra si apre il vasto
panorama verso est, godibile dall�affaccio della curiosa Taverna dei
Bat� (la lunga e stretta cantina sotto la chiesa si apre solo in
occasioni speciali per servire un eccellente gelato alla mostarda d�uva).
L�erto selciato ci conduce sul bastione che guarda a sud, ad una
piacevole spianata ombreggiata dai tigli da cui si pu� godere di un
ampio e suggestivo panorama. Il castello � tuttora protetto da una
possente cinta triangolare di bastioni, che si allacciava anticamente
alle mura difensive che cingevano l�intero abitato, in parte ancora
oggi visibili. Pare che il nome del paese derivi da una grande cisterna
alloggiata nella parte centrale del castello, in seguito utilizzata come
serbatoio per l�acquedotto (inoltre sono ancora aperti i due pozzi,
uno interno ed uno esterno, di 30 e 75 metri di profondit�). Nelle
cantine esiste tuttora la grande "ghiacciaia" ed era visibile,
ancora nell�Ottocento, il laboratorio della "zecca": i
signori Dal Pozzo avevano infatti ottenuto dal Papa dignit� di
principato e diritto di battere moneta propria, facolt� che Cisterna
mantenne fino alla fine del Settecento. Sull�altro lato del castello,
quello dove si innalza la rossa torre, un�altra rampa lastricata (ove
probabilmente incontrerete Pancrazio, il simpatico cane del castello) ci
conduce lungo la casamatta inserita nelle mura fino allo slargo erboso
degli spalti, da cui si raggiunge l�ingresso principale, presso il
loggiato ad archi che ingentilisce la struttura. Da qui si accede al
bellissimo Museo "Arti e mestieri di un tempo", che occupa i
due piani principali: una visita da non mancare. Uscendo dal castello
scendiamo per il paese con le sue botteghe e le belle insegne, senza
dimenticare una sosta alla Bottega del Vino (che qui � innanzitutto
Bonarda, da uva croatina, per cui si sta definendo la nuova doc
"Cisterna"). Pregevole ed antica � anche la casa del "tabach�n"
(sempre in paese), un edificio del XVI secolo che conserva soffitti in
gesso ed una cucina originale del Seicento, e che probabilmente in
futuro sar� resa accessibile ai visitatori.
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La strada che va da Cisterna a
Tigliole, quella che prende a sinistra e passa da Fornace e Pratomarone,
� emblematica di questa porzione del nostro itinerario: al margine dei
boschi del Roero e del Basso Monferrato si estende questo pianoro
dolcemente modulato da colline basse dalla linea netta e lunga; in
prossimit� di Tigliole la strada affonda tra questi piccoli
avvallamenti, densi di una vegetazione folta ad intervallare gli ampi
spazi coltivati. Prima di entrare in Tigliole, su di un piccolo poggio
che guarda il paese, sorge il pi� pregiato esempio di architettura
romanica di tutta la zona, la chiesetta campestre di San Lorenzo. Si
tratta di un impianto tipicamente romanico che risale probabilmente al
XI secolo, mentre l�interno � attribuibile al Settecento, che �
stato ben restaurato dalla soprintendenza una decina di anni fa. La
stradina � sterrata ma praticabile, si pu� lasciare l�auto poco pi�
avanti e fare quattro passi sull�erba attorno all�edificio:
pregevole � l�abside, leggermente fuori asse rispetto al corpo (forse
per simboleggiare la posizione della testa di Cristo in croce) e
decorata sobriamente da una cornice e da archetti pensili, mentre le
pareti laterali, in laterizio rosso e tufo giallo, sono forate da severe
aperture a feri
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(San Lorenzo di Tigliole)
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La Chiesa � sede di
concerti e mostre d'arte. Torniamo sui nostri passi e raggiungiamo il
paese, dominato dall�alto da quella che sembra una piccola villa
palladiana, ma che � in realt� il Municipio, sulla sommit� di un
poggio molto panoramico. Sembra che anticamente il paese fosse diviso in
Tigliole Superiore e Tigliole Inferiore (poi scomparsa) ed in effetti l�abitato
si estende dalla cima ai piedi del bricco: subito sotto al Municipio
sorge la Parrocchiale seicentesca dei SS. Giovanni Battista e Lorenzo,
con l�alto campanile a fasce di epoche diverse e con alcune opere
pittoriche di pregio. Tigliole possedeva anche un castello, che fu al
centro di numerose vicende storiche e che nell'800 venne definitivamente
smantellato. Nei dintorni di Tigliole, come dei paesi limitrofi, non �
raro imbattersi, gomito a gomito con le grandi cascine rurali, in
residenze signorili di gusto ottocentesco e addirittura in graziose
villette ispirate al Liberty, d�altra parte ampiamente diffuse nella
non lontana Canale: un itinerario che regala inaspettate
"chicche" al turista che sa percorrere queste strade con
occhio attento e curioso.
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Da Tigliole
raggiungiamo ora l�altra porzione del nostro itinerario, quella zona
di cui abbiamo gi� sottolineato il sentore monferrino: si attraversa l�ampio
fondovalle che corre parallelamente al torrente Borbore, sulla
direttrice San Damiano - Asti, e ci si arrampica sulle colline di
fronte, precisamente salendo in direzione di Celle Enomondo, che si
staglia alto sopra di noi, in cresta di collina. Il nome del paese
significa "cantina del vino puro", con riferimento etimologico
e storico alla presunta equivalenza tra il numero delle abitazioni
rurali e quello delle cantine: Celle Enomondo, anticamente terra di
viti, e quindi di vini, religiosamente serbati nella fresca oscurit� di
"crote" e di "crutin" e tuttora noto come
"Paese della Barbera". Anche Celle divenne possesso
ecclesiastico, probabilmente legato ai monaci, per cui l'idea
incontaminata di "cantina pura" cedette il passo a qualla di
"cella monastica", luogo dedicato alla preghiera e al lavoro
manuale. Nel centro abitato sorgeva un castello, ricordato in parecchie
carte perch� fra le sue mura vennero stipulati numerosi contratti, e
soggiornarono diversi vescovi. Anche il Comune di Asti non tard� ad
acquistar diritti in Celle, trasformandola in un centro pullulante di
signorotti spesso ribelli: molte furono, infatti, le famiglie che
vantarono e pretesero diritti feudali. Ma la chiesa parrocchiale
dedicata a S. Antonio Abate e a S. Martino intona quasi un inno
pacificatore tra queste schermaglie storiche, pur conservando soltanto
un frammento di affresco di fine Trecento, seguito cronologicamente
dall'altare settecentesco ed i confessionali barocchi, mentre sotto
l'invocazione di S. Rocco sopravvivono i resti dell'antica chiesetta ad
uso di confraternita.
La finestra
panoramica delle Terre dell'Astixium, per dirla secondo i documenti
medioevali, ci conduce in seguito verso Revigliasco, la cui desinenza in
"asco" narra la presenza dei fieri Liguri sul territorio, che
costruirono le prime abitazioni in cima al colle. Poi vennero i Romani,
ed il paese dovette certamente ospitare alcune famiglie di coloni, come
ci conferma una stele eretta a ricordo di un legionario. Terra di
cospicui possedimenti di Vescovi e Conti laici, le fu presto
riconosciuto il diritto di far parte del dominio astese dallo stesso
F'ederico Barbarossa. Ma la prima memoria della forte costruzione
quadrangolare munita di torri validissime, il castello, risale ad un
editto del 1010: oggi lo storico maniero non conserva pi� la sua
primitiva struttura, dal momento che i profondi rimaneggiamenti lo hanno
trasformato in dimora signorile, sede degli uffici comunali. Forse
proprio dal nome di questo paese ci si collega ai vasti boschi di roveri
che dovevano ammantare i colli nei tempi antichi, quando la strada che
oggi conduce al nucleo abitato arrivava fino a Pollenzo. Ci� che
davvero domina questo sfondo rustico � la grande mole della chiesa
parrocchiale, una costruzione settecentesca d'effetto fiancheggiata da
un ardito campanile: si dice che sia stato proprio Napoleone Bonaparte a
permettere agli abitanti di Revigliasco di trasportare l'altare nella
loro chiesa - in segno di riconoscimento del loro valore militare -quel
magnifico altare maggiore ereditato dall'antico convento astigiano dei
Carmelitani Scalzi. Tra vigneti, campi, prati, boschi e gerbidi, la
popolazione locale attende pressoch� tutta alla coltivazione delle
terre, quei preziosi sedimenti dove affondano le loro radici i rinomati
ciliegi, genitori di quel frutto protagonista delle manifestazioni e
modello di un innovativo costume carnevalesco: la ciliegia di
Revigliasco, cos� rossa e gustosa gi� nota e apprezzata dal piccolo
Vittorio Alfieri, nella sua infanzia legata a questo territorio grazie
alla casa di colei che gli fece da balia.
Si prosegue sulla
cresta della collina e, dopo meno di un chilometro, si arriva ad
Antignano: per gli appassionati di architettura romanica, o
semplicemente se avete apprezzato la chiesetta di San Lorenzo a Tigliole,
� interessante dare un�occhiata alla piccola chiesa del cimitero, all�ingresso
del paese, anch�essa di origine romanica e probabilmente coeva di
quella di Tigliole. Questa conserva soltanto l�impianto originale ed i
tratti tipici dell�epoca in facciata, ma � frutto di successivi
interventi strutturali che l�hanno parecchio modificata. Anche
Antignano aveva un castello medioevale, e dunque vicende storiche anche
di primo piano da raccontare: ospit� Federico Barbarossa nel 1159,
venne gravemente danneggiato nel Duecento, nel corso della guerra tra
Astigiani e Savoia, per finire poi definitivamente alla casa sabauda,
nel corso del Seicento. Dell�antico castello non restano che minime ed
incerte tracce, rilevabili nel vasto e potente terrapieno che ospita il
ricetto pi� antico del paese; proprio sul margine di quest�area sorge
l�imponente chiesa parrocchiale di Santo Stefano, sul sito di un�antica
chiesa romanica che per� and� in rovina gi� nel corso del
Cinquecento. La nuova chiesa � dei primi del Novecento, riprende linee
neogotiche e si caratterizza per un campanile molto alto e slanciato.
Sulla destra della chiesa due ripide stradine si dipartono, una in
salita e una in discesa, seguendo il perimetro del bastione: alcune case
antiche e di pregio si affacciano su questo tratto. Altro edificio
religioso da segnalare � la Chiesa di San Rocco, che ospita stalli
lignei, dipinti e mobilio puramente barocchi e di un certo interesse.
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Proseguiamo e
liberiamo lo sguardo dal sommo dei colli verso oriente: il panorama
diviene arioso e movimentato, concentrandosi nell'ampia valle fluviale
compresa fra il Borbore ed il Tanaro; su questo suolo fertile -
impiegato per colture a prato - si estende il comune di San Martino
Alfieri. Come suggerisce il toponimo stesso, l'origine di questo paese
� attribuibile alla sua chiesa, attorno alla quale si svilupp� in
seguito un centro abitato, dove furono dissodati e messi a frutto molti
terreni vescovili; in realt�, l'autorit� del Vescovo si concretizz�
nel controllo politico della localit�, connesso con la presenza di un
castello. Data la vicinanaza con Govone, e l'investitura da parte del
Vescovo di Asti della famiglia feudataria govonese dei Solaro, il paese
fu a lungo indicato come "San Martino di Govone"; cos� i
Solaro finirono per diventare i proprietari esclusivi dell'antico
castrum sanmartinese, trasferendo il loro dominio su tutta la realt�
locale. A seguito di graduali passaggi di propriet� il casato astigiano
degli Alfieri mosse il suo interesse feudale verso le colline di S.
Martino, fino alla ricostruzione del castello in sostituzione
dell'antica fortezza dei Solaro.
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Forme barocche dell'epoca ingentilite
dal rococ� "solide come la testa di chi le aveva fatte fare",
nelle parole di Carlo Massimiliano della dinastia alfieriana, la cui
discendenza fece del castello una degna cornice allo sfarzo settecentesco
della vita dell'aristocrazia piemontese. La lunga "trama" degli
Alfieri si estinse con l'illustre senatore Carlo, sotto il quale il
castello apparve in tutta la sua grandezza, a coronamento del colle; e tal
pregio � ancor oggi una realt�, grazie alla ricchezza di sale, gallerie
ed appartamenti ornati di stucchi e dorature degli ambienti interni, e
agli ameni giardini con costruzioni minori intonate all'edificio, nella
parte esterna. Un discorso a parte merita l'arredamento, vera raccolta
d'importanti documenti legati alla vita della famiglia e del territorio:
busti, ritratti, stampe ed un ricchissimo archivio con carte antiche e
preziose attestanti l'attivit� e la storia degli Alfieri; degni di nota,
ancora, i ritratti sullo scalone di Obertino, Roberto e Maurizio Solaro,
tutti rappresentati con grandi manti neri, adorni delle croci bianche
dell'ordine di Malta. Un particolare curioso, infine, � dato dalla
presenza - nella rimarcabile cantina del castello - di un tino che
"comprenderebbe nella sua cavit� un tavolo da dodici persone"
(a detta di uno storico dell'inizio del secolo scorso), segno non ultimo
del grande reddito proveniente agli Alfieri dai vigneti. Fa da controcanto,
non lontano, la semplice dimora fatta costruire da Giuseppe Garibaldi
nella frazione Saracchi - luogo natale della moglie Francesca Armosino -
dove una lapide commemora tutt'oggi quel gesto di gratitudine e
riconoscenza verso colei che, prima d'esser sua legittima consorte, gli
era stata amorevolmente al fianco rischiarando i dolori con le tre gioie
pi� grandi: Clelia, Teresita e Manlio. Da
San Martino la strada scende dolcemente tra le colline e i campi per
tornare a San Damiano attraverso le panoramiche frazioni di Lavezzole e
San Luigi: in lontananza si vedono gi� i tetti rossi della Capitale delle
"Colline Alfieri". |